Cosa ne pensano gli italiani della leva obbligatoria...
...ovvero come leggere bene i sondaggi.
Oggi un mio amico mi ha segnalato un sondaggio recentemente pubblicato da Sky TG24 e realizzato da YouTrend. Il tema: cosa ne pensano gli italiani della leva obbligatoria?
Leggendo il sondaggio e discutendone con il mio amico Giovanni (in breve GDA) ho pensato che potesse essere interessante esaminare quali informazioni vengono date nei sondaggi e anche come vengono date, ma soprattutto quali informazioni mancano e come cambierebbe la descrizione di un sondaggio se venissero aggiunte queste informazioni.
Chiaramente prendere una domanda semplice e rispondere in modo complesso è la missione di The Social Mind e quindi eccomi qua ad aggiungere complessità a una materia che spesso è trattata in modo troppo semplice in TV e sui giornali: i sondaggi di opinione. Usiamo quindi questo sondaggio sull’opinione degli italiani sulla leva obbligatoria come caso studio.
Il titolo dell’ “articolo” pubblicato sul sito di Sky TG24 recita:
“Sondaggio, italiani spaccati su leva obbligatoria: 47% favorevole a reintroduzione, 46% no”.
L'articolo è accompagnato da questa infografica molto semplice:
La descrizione dell’infografica ci dice questo:
“Sulla leva obbligatoria gli italiani sono divisi a metà: il 47% è favorevole a una sua reintroduzione, mentre il 46% è contrario. Le fasce di popolazione sopra i 35 anni sono più a favore rispetto ai giovani, fra i quali i giudizi negativi prevalgono nettamente (il 36% dà parere positivo, il 55% negativo).”
Il sondaggio continua poi con la disamina delle opinioni degli italiani su altre domande incluse nella rilevazione, per lo più riguardanti opinioni circa l’invasione Russa dell’Ucraina, la “guerra in medioriente” (ovvero la reazione di Israele agli attacchi di Hamas di inizio ottobre 2023 - quasi un anno fa, ndr) e altre questioni legate alla spesa militare italiana. Però per semplicità e sintesi ho deciso di parlare solo della prima domanda del sondaggio, ma tenete presente che le considerazioni fatte qui valgono per tutte le domande e in generale per quasi tutti i sondaggi.
Forse non lo sapevate ma tutti i sondaggi a tema politico vengono pubblicati nella loro interezza e con tutti i dettagli sull’esecuzione degli stessi su un apposito sito gestito dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri: www.sondaggipoliticoelettorali.it
Forse non lo sapevate ma tutti i sondaggi a tema politico vengono pubblicati nella loro interezza e con tutti i dettagli sull’esecuzione degli stessi su un apposito sito web gestito dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Ed è proprio qui che è possibile trovare maggiori informazioni su questo sondaggio di SkyTG24 e YouTrend. Informazioni che sono importanti perché ci dicono chi sono le persone che hanno partecipato al sondaggio (nel nostro caso la popolazione italiana maggiorenne), quanti sono i partecipanti inclusi nel campione, come sono stati scelti (modalità di campionamento) e come è stato fatto il sondaggio (online, telefonicamente, in presenza, etc.) e soprattutto quali sono l’errore campionario e l’intervallo di confidenza. Se siete confusi arrivati a questo punto, è normale. Ma tranquilli, vi spiego tutto a brevissimo.
Quando si legge un sondaggio è molto importante sapere alcune informazioni perché ci dicono molto sul come interpretare correttamente i risultati e ci fanno comprendere le eventuali limitazioni sia del sondaggio stesso sia dei risultati che vengono estrapolati. Ecco le principali:
Margine di errore/Errore campionario: questa informazioni è molto importante perché indica quanto possono variare i risultati rispetto alla realtà. Più è basso il margine di errore, più i risultati sono accurati.
Ad esempio, nel caso del nostro sondaggio, abbiamo un margine di errore del ±2,8%. Questo significa che le percentuali riportate nel sondaggio possono variare di 2,8 punti percentuali in più o in meno.
Dimensione del campione: quante persone sono state intervistate? Un campione più ampio tende a fornire risultati più affidabili. Molti sondaggi nazionali usano un campione composto da 1.000 o 2.000 persone. Questo numero però non basta di per sé a dirci se il campione può essere considerato rappresentativo, ovvero un campione riflette la variabilità e la diversità di una determinata popolazione (in questo caso quella italiana). È molto semplice: se faccio un sondaggio coinvolgendo 1000 studenti di psicologia dell’università di Harvard è molto probabile che otterrò un campione che rappresenti abbastanza bene le opinioni degli studenti di psicologia ma non potrò mai generalizzare le loro opinioni a tutti gli studenti di Harvard e nemmeno a tutti gli studenti di psicologia statunitensi.
In questo caso il campione del nostro sondaggio è composto da 1230 persone facenti parte della popolazione italiana maggiorenne.
Metodo di campionamento: in modo simile alla dimensione del campione è importante sapere come sono state scelte le persone incluse nel sondaggio. Il modo migliore per avere un campione rappresentativo di una determinata popolazione è il campionamento casuale (o random). Tuttavia un campionamento random è molto complesso: per farlo dovremmo avere la possibilità di estrarre, in modo totalmente casuale, 1000 persone da una scatola contenente i contatti di tutta la popolazione italiana. La cosa migliore dopo un campione casuale è un campionamento stratificato, cioè un campione reclutato tenendo conto delle differenze interne di una popolazione in base a vari criteri (es., il sesso, l’età, il luogo di residenza, etc.). Per esempio, volendo ottenere un campione di 1000 studenti di un’università rappresentativo in base al sesso (femminile o maschile), sapendo che gli iscritti si distribuiscono così: 56% femmine e 44% maschi, allora dovremmo reclutare 560 partecipanti di sesso femminile e 440 di sesso maschile per mantenere la proporzione.
Nel caso del nostro sondaggio, il campionamento è avvenuto in maniera stratificata in base alla distribuzione della popolazione italiana (basata su dati ISTAT) su caratteristiche quali genere, età incrociate, titolo di studio e luogo di residenza.
Intervallo di confidenza: questo indicatore ci informa su quale sia la probabilità che i risultati ottenuti riflettano quelli dell'intera popolazione a cui è riferito il sondaggo. Solitamente, nella maggior parte dei sondaggi è espresso al 95%.
Un intervallo di confidenza del 95% - come nel caso di questo sondaggio - significa che se il sondaggio fosse ripetuto 100 volte, in 95 casi i risultati sarebbero simili.
Metodo di raccolta dati: Il metodo di raccolta dei dati può influenzare i risultati. Ad esempio, i sondaggi condotti online possono escludere persone meno inclini a usare la tecnologia, mentre quelli telefonici possono escludere le persone più giovani.
Il sondaggio di cui stiamo parlando è stato condotto con una metodologia C.A.W.I. (Computer-Assisted Web Interviewing), un modo fancy per dire che i partecipanti hanno compilato un questionario online.
Ci sono poi altri elementi di un sondaggio che vanno sempre tenuti in considerazione. Per esempio le domande poste nel sondaggio possono influenzare i risultati. Domande ambigue, tendenziose o che suggeriscono una risposta possono portare a risultati distorti. Oppure la data di esecuzione, perché le opinioni delle persone possono cambiare rapidamente, specialmente in situazioni di crisi politiche, economiche o sanitarie. Un sondaggio condotto mesi fa potrebbe non riflettere l'opinione attuale delle persone. Allo stesso modo un sondaggio su un tema controverso, come ad esempio l’aumento degli anni di carcere previsti in caso di omicidio, se svolto il giorno dopo un fatto di cronaca nera particolarmente efferato, potrebbe avere risultati diversi rispetto allo stesso sondaggio condotto a un mese di distanza da questo evento. Infine, conta anche sapere chi ha commissionato il sondaggio. Questa informazione può aiutarci a capire se esistono conflitti di interesse: alcuni sondaggi potrebbero essere progettati per avvantaggiare chi li finanzia.
Un sondaggio su un tema controverso, come ad esempio l’aumento degli anni di carcere previsti in caso di omicidio, se svolto il giorno dopo un fatto di cronaca nera particolarmente efferato, potrebbe avere risultati diversi rispetto allo stesso sondaggio condotto a un mese di distanza da questo evento.
Infine, quando si leggono (e si riportano) i sondaggi sarebbe ottimale - soprattutto in presenza di campioni stratificati - analizzare i risultati in base a sottogruppi (come età, genere, livello di istruzione, posizione geografica). Fare questo è utile per capire se ci sono differenze significative nelle opinioni. Per esempio, giovani e anziani potrebbero avere visioni molto diverse su un tema, come in questo caso.
Per cui noterete che un sondaggio, come questo preso in considerazione, in cui non sono riportati tutti questi dati ci lasciano un po’ a bocca asciutta rispetto alle possibilità di informazioni che potremmo avere. Per esempio, sappiamo che:
il 47% degli intervistati è favorevole alla re-introduzione della leva obbligatoria, mentre il 46% è contrario
gli intervistati di età superiore a 35 anni sono più a favore alla re-introduzione rispetto ai giovani
i giovani (18-35) intervistati hanno giudizi in prevalenza negativi (55% contro la re-introduzione, 36% favorevole
Mancano però altre informazioni importanti (non riportate nemmeno sul sito del ministero): come variano i parere in base al genere? E al titolo di studio? E alla residenza? Perché privare i lettori di queste informazioni?
Non è poi riportata alcune informazione sul campione e sull’errore (nemmeno nelle infografiche) e questo rende il sondaggio praticamente illeggibile ad un occhio più esperto. Per un occhio inesperto queste informazioni potrebbero passare come più importanti o significative di quello che a volte sono davvero.
Chiaramente ne va della complessità del messaggio che si dovrebbe veicolare, così come dell’engagement che si crea e della mediaticità di un’informazione. Soprattutto in un momento storico in cui tutto deve stare in 140 caratteri da mettere in un Tweet/X o un’immagine quadrata che può essere condivisa su Instagram. Ma siccome qui lavoriamo per la complessità ho provato a rileggere i risultati del sondaggio in modo più completo.
Intanto, qui sotto trovare un grafico a barre in cui oltre alle percentuali potete vedere anche le barre di errore (quelle linee nere al centro), che ci dicono come sono i dati includendo l’errore di campionamento (±2,8%).
Le barre di errore sono molto importanti perché in caso di sovrapposizione tra le percentuali riferite a due gruppi, le differenze osservate potrebbero non essere così marcate come sembrano a prima vista. Questo, per esempio, accade nel caso delle percentuali che prendono il considerazione i favorevoli e i contrari sul totale del campione, riportati nell colonna gialla nel grafico sopra. Come potete notare ancora meglio nel grafico sotto (in cui ho inserito anche una linea tratteggiata rossa tra le due colonne) la differenza tra queste percentuali è davvero piccolissima.
Per cui, se nel sondaggio il 47% dei partecipanti è favorevole alla re-introduzione della leva obbligatoria, il valore reale potrebbe trovarsi tra il 44,2% e il 49,8%. Allo stesso modo, il 46% dei partecipanti è contrario, ma il valore reale di questo dato oscilla tra il 43,2% e il 48,8%. E a livello probabilistico, questo significa che nella realtà potrebbe anche essere che gli italiani contrari alla re-introduzione della leva obbligatoria siano effettivamente più numerosi dei favorevoli vista la piccolissima differenza. Tuttavia di questo non possiamo avere una certezza assoluta.
Si può dire che la maggioranza (relativa) degli intervistati nel sondaggio è a favore della re-introduzione della leva obbligatoria, ma non si può dire che la maggioranza della popolazione italiana lo sia, proprio per effetto dell’errore campionario.
Va da se che le uniche informazioni che possiamo trarre da questo dato è che la popolazione italiana (in base al campione intervistato) è equamente divisa tra chi è favorevole e chi è contrario, con una piccola minoranza che non si esprime a riguardo. Questi valori non ci danno altre informazioni: si può dire che la maggioranza (relativa) degli intervistati nel sondaggio è a favore della re-introduzione della leva obbligatoria, ma non si può dire che la maggioranza della popolazione italiana lo sia, proprio per effetto dell’errore campionario.
Il dato più interessante di questo sondaggio, che corrisponde anche a quello riportato in secondo piano, è invece la netta differenza che esiste sul piano generazionale tra giovani (18-35) e adulti (35-55)/anziani (over 55). Come si può vedere del grafico sotto.
Il grafico mostra un trend generazionale chiaro nelle opinioni sulla reintroduzione della leva militare obbligatoria: i giovani tra i 18 e i 34 anni esprimono una netta opposizione con il 55% che si dichiara contrario alla leva, mentre solo il 36% è favorevole. Gli adulti nella fascia 35-54 anni e gli over 55 mostrano invece un’inversione di tendenza: la maggioranza (51% e 49% rispettivamente) è favorevole alla leva, con una percentuale di contrari del 44% e 43% rispettivamente. Qui si vede un cambiamento significativo rispetto ai giovani, con un atteggiamento più positivo verso la reintroduzione del servizio militare.
In sintesi, questo sondaggio evidenzia un trend inverso tra età e opinioni favorevoli alla leva: mentre i più giovani sono in gran parte contrari, con l'aumentare dell'età cresce anche il supporto per la reintroduzione della leva militare. E’ importante sottolineare però che da questi dati non è possibile sapere altro. Ad esempio non possiamo sapere perché ci sono queste differenze e possiamo solo fare delle speculazioni.
Per completare l’opera, ho provato a riscrivere l’articolo per Sky TG24, provando a dare maggiore evidenza ai dati più interessanti che emergono dal sondaggio.
In sintesi, questo sondaggio evidenzia un trend inverso tra età e opposizione alla leva: mentre i più giovani sono in gran parte contrari, con l'aumentare dell'età cresce anche il supporto per la reintroduzione della leva militare. E’ importante sottolineare però che da questi dati non è possibile sapere altro. Ad esempio non possiamo sapere perché ci sono queste differenze e possiamo solo fare delle speculazioni.
Eccolo qui:
“Reintroduzione della leva militare obbligatoria: giovani contrari, adulti e anziani favorevoli”
“Un recente sondaggio di YouTrend, commissionato da Sky TG24, ha indagato cosa pensano gli italiani sulla possibilità di reintrodurre la leva militare obbligatoria per i giovani neo-maggiorenni, rivelando un chiaro trend generazionale. Infatti, risultati mostrano che le opinioni variano notevolmente a seconda dell'età degli intervistati.
I giovani tra i 18 e i 34 anni sono per lo più contrari alla reintroduzione della leva. Il 55% di questo gruppo si dichiara contrario, mentre solo il 36% si dice favorevole, e il restante 9% è indeciso. Mentre gli adulti tra i 35 e i 54 anni e le persone con età superiore a 55 anni, al contrario, si dimostrano più favorevoli. Infatti, tra il 49% e 51% degli intervistati in queste fasce d'età sostiene di essere favorevole alla re-introduzione leva, mentre il 43-44% è contrario e solo il 5-8% dei rispondenti è indeciso.
Guardando al totale del campione, il paese appare diviso: il 47% degli intervistati si dichiara favorevole alla reintroduzione della leva militare obbligatoria, mentre il 46% è contrario. Solo il 7% non ha un'opinione definita. Tuttavia, è importante sottolineare che i dati complessivi non sono del tutto significativi a causa del margine di errore (±2,8%), che potrebbe rendere le differenze tra favorevoli e contrari meno nette o addirittura potrebbe rendere possibile una situazione per cui, nella realtà, i contrari siano effettivamente più numerosi dei favorevoli, anche se i dati di questo sondaggio suggeriscono il contrario.
Il sondaggio è stato condotto su un campione di 1.230 persone rappresentativo della popolazione italiana maggiorenne, stratificato per genere, età, titolo di studio e luogo di residenza dei rispondenti. Tuttavia, oltre alle opinioni suddivise per età, non sono disponibili dati dettagliati su altri fattori demografici che caratterizzano il campione il che limita l'analisi a un'unica dimensione della popolazione.
Inoltre, il sondaggio non offre informazioni sufficienti per comprendere le cause alla base delle diverse opinioni espresse. Le ragioni che spingono i giovani a opporsi o gli anziani a sostenere la leva militare non sono state approfondite, lasciando aperta la questione sui fattori che determinano queste differenze di opinione. Per ulteriori dettagli, il sondaggio completo è consultabile al sito www.sondaggipoliticoelettorali.it.”
Se siete arrivati fino a qui mi complimento con voi. Qualche altra riga e poi ho finito per oggi.
Concludo con alcune riflessioni alla luce di quanto ho provato a spiegare oggi. Trovo che sia importante capire che leggere un sondaggio non significa solo guardare le percentuali, ma anche interpretare le informazioni in modo critico.
Spesso (quasi sempre) i dati vengono presentati con un focus preciso, scelto da chi riporta il sondaggio per far emergere un certo messaggio. È un esempio classico di reporting selettivo: ci viene detto che il 47% è favorevole alla leva e il 46% contrario, ma se guardiamo meglio, con il margine di errore quella differenza diventa quasi insignificante, o addirittura potrebbe essere ribaltata. E non solo: i dati mancanti, come quelli sul genere o sul livello di istruzione, ci impediscono di avere un quadro completo della situazione. Questo ci porta a formare opinioni su una realtà parziale, influenzate dal modo in cui ci vengono presentati i dati.
I sondaggi, infatti, non sono solo una fotografia dell’opinione pubblica, ma anche un potente strumento di influenza sociale. Se mancano informazioni importanti, rischiamo di cadere in un bias di selezione che ci fa formare un’opinione su un certo fenomeno senza tenere conto di altre possibili informazioni che potrebbero alterare la nostra percezione in modo significativo.
Grazie per aver letto fin qui! Alla prossima!
Giovanni
I sondaggi non sono solo una fotografia dell’opinione pubblica, ma anche un potente strumento di influenza sociale. Se mancano informazioni importanti, rischiamo di cadere in un bias di selezione che ci fa formare un’opinione su un certo fenomeno senza tenere conto di altre possibili informazioni che potrebbero alterare la nostra percezione in modo significativo.